Una donna

Tempo stimato di lettura: 2 minuti.

***

Mal di gola.

Aveva mal di gola, la lana della sciarpa stretta attorno al fragile collo.

Un cappello pesante riparava le orecchie e la fronte dal gelo, teneva al caldo i pensieri.

Guanti di finta pelle tinti di blu.

Una mano stringeva la borsa.

Una mano l’ombrello.

Educata; la pioggia cadeva leggera senza recare troppo disturbo.

Pneumatici, acqua e asfalto.

I tergicristalli danzavano sul parabrezza delle
auto.

Bagnati; gli stivali dall’alto tacco non avevano protetto i piedi dall’acqua: erano zuppi, freddi.

Toc…toc…toc…

Erano i passi, sull’asfalto, ad ogni passo batteva il piede più forte, voleva che il sangue scorresse e scaldasse, aveva freddo, era stanca, ma avrebbe dovuto camminare sotto la pioggia ancora e ancora.

Non le pesava farlo: camminare.

Le pesava il resto.

Sentiva la gola pungere, la punta delle dita dei piedi gelida, le orecchie al caldo, l’acqua colare gentile sull’ombrello.

Era viva, nonostante il resto.

Lo sapeva, era viva, libera di pensare.

I pensieri nella mente erano protetti; al caldo.

La sua anima, un poco ferita, era tra loro, i pensieri la curavano, la proteggevano.

Il suo corpo era solo materia: in vendita.

Il corpo era in vendita.

La sua anima no, la teneva al caldo dentro di sé, al riparo, affiorava solo quando passeggiava, per il resto del tempo era sopita.

Quando un’auto si ferma lei contratta il prezzo e poi sale.

Fa il suo lavoro: la puttana.

Fa la puttana, obbligata, non può scappare, gliel’hanno imposto, duramente.

Gliel’hanno insegnato.

Per salvarsi ha rinchiuso l’anima assieme ai pensieri, il corpo l’ha fatto tacere, il dolore l’ha messo da parte.

Ha mal di gola, la fatica nel deglutire la fa sentire ancora proprietaria del corpo, di se stessa.

I clienti possono affittare, toccare e schiacciare il suo corpo.

I clienti possono affittarlo, ma lei ne è ancora la proprietaria.

Quando passeggia si riappropria di sé, passeggia ed è solo una donna.

Se la vedrete passeggiare sulle vostre strade ricordate: prima di essere una prostituta lei è una donna, un essere umano fatto di carne e pensieri.

Lei ha smesso di porsi domande: fa quel che deve.

Le domande dobbiamo porle noi: può una società “democratica”, evoluta, istruita, permettere ancora e “accettare” come consuetudine normale questo tipo di sfruttamento?

Può questa società parlare di “diritti del cittadino” senza provare, verso questa condizione, una sana vergogna?

Io non ho le risposte, io sono solo una donna che ha avuto più fortuna di lei.

Quando la incontro per la strada mi fissa negli occhi, sono io che la sento: la vergona, lei no; lei fa quel che deve.

Sono io che abbasso lo sguardo.

Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.

Modena City Ramblers – Ebano:

6 commenti su “Una donna

  1. Bellissimo tutto!, il racconto (che come sempre mi fa riflettere), la foto e la canzone. A presto. Fede

    • Il Giostraio

      Grazie, questo è uno di quei giri di giostra che scrivo velocemente, senza conoscere la storia che andrò narrando, non so come, ma nascono quasi per caso e proprio per questo ci tengo molto.
      Son felice che tutto, compresa la foto, ti sia piaciuto!
      Grazie 🙂
      Al prossimo giro.
      Il giostraio.

  2. Grazie per i consigli!!!

  3. Michele L'Erario

    Anche lei è una donna.
    Non fortunata come tante altre donne.
    All’inizio con la lettura del racconto non ho notato differenze, era una donna qualunque, in una giornata di pioggia, con il freddo che si fa sentire, e quel fastidiosissimo mal di gola.
    Forse proprio in quel momento, sola con se stessa, prova la percezione di essere “una donna”come tutte le altre.
    E quei pensieri che le vengono, libera di pensare, e la sua anima che cerca di riconquistare il suo corpo, quel corpo; diventato oggetto di vendita.
    “Fa il suo lavoro, obbligata, gliel’hanno imposto, gliel’hanno insegnato”.
    Valentina, che dirti, é tutta colpa dei maschi se lei, la tua protagonista, si trova lì, per strada a contrattare il prezzo per quella prestazione fornita: un effimero piacere di sesso da far provare a chi non ha vergogna, che mette il piacere della ” carne” al primo posto.
    Ma la nostra società non deve provare vergogna per la sua condizione?
    Questa è la tua domanda alla quale non hai dato risposta, come donna sei stata molto più fortunata della tua protagonista, che da tempo ha smesso di porsi domande e “fa solo quello che deve”. Come maschio che dico, una risposta, una riflessione al tuo racconto mi è venuta, oppure semplicemente aggiungo dopo averlo “brava giostraia, alla prossima”.
    Tu una risposta alla fine l’hai data, anch’io cercherò di dare la mia.
    Come maschio posso capire perché i “maschi” ci vanno, per piacere, per fare le prime esperienze che sia puro sesso senza sentimentalismo, sarà pure un pensiero fisso che alcuni hanno sempre, sarà che la carne chiama la carne, sicuramente c’è quel piacere che si inizia a scoprire prima da soli, poi come ti dicevo si cerca di fare esperienza con corpi diversi e approcci diversi; ma le prime esperienze si fanno anche tra fidanzatini, allora dov’è il male, se c’è un male, o è solo un argomento tabù.
    Non capisco perché lo facciano le donne “quel tipo di lavoro” per piacere, non credo, per soldi, allora diciamo che tutto si fa per soldi, e la cosa finisce lì; la tua protagonista è stata costretta, e le altre, costrette anch’esse e da chi?
    Anch’io ho provato vergogna, una sera tra amici, l’idea era quella.
    Non me la sono sentita poi, ho provato vergogna, anche se loro sono del mestiere, ho sentito in me che tutto questo non era giusto, il desiderio di soddisfare il piacere c’era, ma non c’era tutto il resto, non c’era quel rispetto che bisogna dare al corpo di una donna, che c’era, ma non c’era tutto il resto, l’intimità di due corpi che si amano; è l’amore che riempie i corpi, unisce gli animi.
    Giostraia, ” é un racconto che ho scritto velocemente”, mentre scrivo ti sorrido come se ti avessi davanti agli occhi, apprezzo molto la tua sensibilità e il tuo “esser donna ” che traspare in tutti i tuoi racconti, quella bellezza di donna, che come maschio augurerei a tutti gli uomini di trovare, di scoprire, senza mediazione di denaro.
    Anche tu hai provato vergogna guardandola negli occhi, lei no, lei fa quel che deve.

    “Ora porto stivali coi tacchi e pelliccia leopardata
    E tutti sanno che la perla nera rende felici con poco….
    Ebano…
    It’s a long long night
    It’s a long long time
    It’s a long long road
    Se passate a Bologna, ricordatevi qual’é la mia storia.
    Lungo i viali verso la sera, ai miei sogni non chiedo più nulla.
    Ebano…”

    Bellissimo testo e musica, bellissimo il tuo racconto.
    Sei grande.

    • Buona sera caro Michele,
      Finalmente è arrivato il momento giusto per risponderti, in una serata di un giorno di “festa”, una festa che per alcuni ha perso sapore, ma questa è un’altra storia.
      La storia di questo giro di giostra è tutt’altra.
      Cosa aggiungere alla tua risposta?
      Alla tua sincerità?
      “La carne chiama la carne”, non dobbiamo essere ipocriti, nasconderci dietro ad un dito, negare l’evidenza: il sesso è il pane del mondo.
      Quindi, per forza di cose, c’è chi di questo pane ha fatto il suo “prodotto da mettere in vendita”.
      Ognuno è libero di comprare, di vendere e scambiare questo “bene”, finché il tutto è fatto con “euqilibrio”, metto questa parola tra virgolette perché credo che trovare questo tipo di equilibrio sia davvero arduo, non è semplice da individuare, da definire.
      Certo non tutte le donne lo fanno perché costrette, ma temo che quelle costrette ne siano la maggior parte, costrette dal “compromesso”: le immagino mentre si ripetono “non ho altre possibilità e allora faccio questo mestiere”.
      Ho apprezzato molto la tua sincerità, la sincerità di un uomo, un uomo che si mostra per quello che è, un uomo che cerca di guardare il mondo da entrambe le prospettive: maschile e femminile.
      Ecco, mentre scrivo, anch’io ti sorrido, adoro questo nostro appuntamento, mi spiace molto aver trovato il momento con così tanto ritardo.
      Son felice che anche il testo della canzone ti sia piaciuto, è una canzone che personalmente adoro, scritta da un uomo, ma che racconta di una donna, come la mia protagonista.
      Ti mando un grande abbraccio, con la promessa che cercherò di recuperare e rispondere con meno ritardo ai tuoi commenti, commenti a cui non posso più fare a meno.
      A presto.
      Grazie di cuore, come sempre.
      La giostraia, Valentina.

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