Quando si diventa adulti?

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Era una perla, la conchiglia non l’ha protetta, ora è solo briciola nel fondo del mare.

Era la fiducia, affogata in una cascata di lacrime.

Era.

Era ciò che era possibile, ma non è mai diventato presente.

Era rammarico.

Era passato.

Solo un secondo.

Era passato solo un secondo, ma aveva cambiato tutto.

L’aveva visto.

No, li aveva visti, assieme.

Ma era lui che l’aveva ferita.

Lui le aveva strappato l’innocenza, l’ingenuità, la capacità di provare fiducia.

Non sarebbe più stata come prima.

Non l’avrebbe più guardato allo stesso modo.

Prima era un idolo, una guida, un maestro, il migliore.

Ora era un uomo, un uomo che ha fatto un errore.

Un uomo che ha creato dolore.

Un uomo che, vedendola, scrutando nel suo sguardo, l’aveva già trovata: la vergogna.

Era pentito.

Lo sguardo di lei però diceva altro, diceva che l’aveva voluto lui, che avrebbe potuto non farlo, che non si inciampa in queste situazioni, che ora doveva accettarlo, sarebbe stato tutto diverso.

Perché, perché non ci aveva pensato prima?

Le conseguenze.

Qualsiasi azione conduce ad una reazione, una conseguenza.

Le conseguenze si pagano; lei non voleva fargli pagare nulla, ma non poteva nascondere i suoi occhi, la luce che si era spenta e che guardandolo non si sarebbe più riaccesa.

Quel secondo, aveva sciolto tutto, mostrando un uomo, un uomo debole, un uomo che cede.

Il suo papà; aveva ceduto.

Lei aveva visto solo una carezza, ma aveva capito.

L’aveva tradita, non lei, aveva tradito la moglie, la sua mamma.

Ora però non pensava alla mamma, pensava a se stessa, a ciò che doveva accettare, elaborare, il suo papà, non era altro che un uomo, imperfetto.

Un uomo che le aveva insegnato il rispetto, ma che non aveva rispettato.

Un uomo che le aveva insegnato ad essere affidabile, ma che non lo era stato, lui aveva tradito.

Un uomo che le aveva indicato la strada corretta, ma che poi aveva imboccato quella sbagliata.

Lei doveva affrontare tutto, ma non con gli occhi di sua madre, di una moglie, con gli occhi di una figlia.

Si vergognava, era ferita.

Aveva salito quel gradino, il gradino che ti cambia, che da ragazzina ti trasforma in donna, il gradino che alza il velo, che mostra la realtà senza ipocrisia.

Il gradino della disillusione.

Le avevano insegnato ad essere “giusta”, ma loro non lo erano stati: giusti.

Sua madre accettava i tradimenti del marito per comodità, l’avrebbe scoperto dopo.

Suo padre tradiva per noia.

Lei dovette affrontare la realtà.

Lei dovette crescere, abbandonare i capricci infantili, farsi donna.

Bruciava il rancore.

Si fece rammarico.

Si fece tristezza.

Poi perdono.

Li perdonò entrambi.

Lo fece per sé, perdonarli, sapeva che un giorno avrebbe potuto sbagliare anche lei, ma si sarebbe perdonata, aveva imparato, questa volta da sola, senza l’aiuto di mamma e papà, aveva imparato il senso del perdono.

Si perdona per stare meglio.

Aveva imparato ad affrontare la vita trovando da sola le risposte: era cresciuta.

Tutti salgono quel gradino, tutti crescono.

Alcuni troppo presto, altri troppo tardi, ma si cresce, prima o poi si deve crescere, quando capita però, subito, non ce ne accorgiamo.

Si cresce, si “diventa grandi”, quando le lezioni della vita si imparano in autonomia, senza la necessità di essere guidati, ecco, quello è il momento in cui ci si scopre adulti.

Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.

Renato Zero – Chiedi: