Una generazione castrata

Tempo stimato di lettura: 4 minuti.

***

Sì; castrata.

Una generazione che è stata presa, cullata, portata alla maturità, allo sviluppo.

Poi, dopo che si era sviluppata; schiacciata.

Oh già.

Non accampiamo scuse, non cerchiamole.

Abbiamo davanti agli occhi il frutto dell’educazione che a questi ragazzi è stata impartita.

Chi l’ha impartita?

Che domande, noi.

Siamo noi che ripetevamo, quasi fosse una preghiera, incessantemente: “studia figlio mio, studia, tu che puoi, studia, vedrai dove andrai, farai esperienza, vivrai in un mondo globalizzato, diventerai qualcuno”.

“Le cose basta volerle, puoi fare tutto, essere tutto ciò che vuoi, se non lo sarai, significa che non ti sei impegnato”.

“La vita è impegno, è sacrificio, se non sei ancora arrivato, se non hai raggiunto il tuo obiettivo, è perché non ti sei impegnato”.

Però poi, quelle opportunità, gliele abbiamo fatte sfiorare, ammirare da lontano, ma strappate di mano.

2008.

L’anno della disfatta, della Crisi.

Mentiamo, la crisi c’era già prima.

Eravamo noi: quelli in crisi.

Noi cresciuti da persone forse più concrete, noi che mossi dall’idealismo credevamo di aver creato per i nostri figli un mondo nuovo, perfetto, straripante opportunità.

Chi tra noi cercava di dimostrare che non lo era, così, ma era diverso, veniva allontanato, meglio vivere in un sogno, meglio non turbare le giovani menti che sui banchi di scuola iniziavano a leggere “I promessi sposi” convinti che le ingiustizie fossero solo racchiuse ormai nei romanzi.

Meglio ripetere alle giovani generazioni che se si fossero impegnate sarebbero potute diventare “qualcuno”.

Ah sì, è accaduto, sono diventate “qualcuno”.

Ma un qualcuno diverso, un “qualcuno” anonimo, intercambiabile, usa e getta, un qualcuno sostituibile con “qualcun’altro”, che non è diventato “unico” come gli era stato promesso.

Ed è tra le mani di quelle generazioni cullate e coccolate che è esplosa la bolla.

Così la chiamano gli economisti “una bolla”, un qualcosa che si gonfia, vola, diventa grande, ma che in realtà contiene solo aria e dopo essere scoppiata mostra il vuoto al suo interno.

Questo è accaduto, è rimasto il vuoto.

Tante generazioni di “giovani”, che oggi non lo sono mica più tanto, che credevano di tenere in mano il proprio futuro, ma stringevano il vuoto.

Tante generazioni di laureati che pretendono, chiedono di poter fare il lavoro per il quale hanno studiato, ma che non lo fanno e non lo faranno.

Tanto dolore, tanto senso di inadeguatezza perché gli avevamo detto: “studia figlio mio, impegnati, se non raggiungerai il tuo obiettivo significa che non ti sei impegnato, che non hai fatto abbastanza sacrifici”.

In tanti ora lo credono, di non aver fatto abbastanza, di essere sbagliati, incapaci, non all’altezza.

Ed eccola arrivare, strisciante, appiccicosa, infame: la depressione.

La vedo, la depressione, la frustrazione mista alla vergogna che si origina dal proprio fallimento.

Alla mia età ancora lavoro, non so quando andrò in pensione, mio figlio non mi darà nipoti, troppo impegnato ad essere “all’altezza delle aspettative”, da aver tralasciato il resto.

Tornassi indietro glielo direi: nella vita devi crearti le tue possibilità, ti dovrai impegnare, ma sappi che potrai pure fallire e non dovrai provare vergogna.

Nella vita si fallisce spesso, il segreto per vivere bene è rimboccarsi le maniche e nel caso arrivasse accettarlo, il fallimento.

Io lo accetterò per primo, ho sbagliato, figlio mio, ho caricato sulle tue spalle troppe aspettative, ora lo vedo, quel peso, ti chiedo scusa.

Sperò però di sbagliarmi ancora, spero che dopo tutto la tua non lo sia: una generazione castrata.

Spero che ti potrai rialzare e trovare la serenità.

Il giostraio ti propone un brano da ascoltare dopo la lettura.

Rocco Hunt – Wake up:

8 commenti su “ Una generazione castrata

  1. Brava, molto bello…

  2. Molto bello mi piacerebbe condividerlo magari su un social

    • Grazie mille Roberto!
      Condividilo pure, è già condiviso sia su Facebook sia su Twitter nel mio account, ma se lo condividerai anche tu potranno leggerlo più persone: il passaparola è uno strumento utile è “potente”, quindi ti ringrazio fin da ora per ogni condivisione futura e per aver apprezzato questo giro di giostra.
      Buona serata e grazie ancora.
      Il giostraio.

  3. Sono rimasta indietro e gli ultimi giri li ho letti tutti d’un fiato..brava come sempre..a presto..fede

  4. Michele L'Erario

    Mi ricordo la fine dell’amicizia, in un tuo racconto, per la vergogna del proprio fallimento.
    Poi compresero che non c’era motivo di cui vergognarsi, la vita è questa e non tutti i sogni sono realizzabili.
    Sarà la società in cui viviamo che è sbagliata, poi mettiamoci la globalizzazione, la crisi del 2008, o ancora prima; e ti ritrovi a far parte della generazione “castrata”.
    Percepisco la difficoltà di questa generazione in molti dei tuoi racconti, anche nell’ultimo, dove l’arroganza del potere ti condiziona, ti schiaccia, ti sfrutta, considerato uno dei tanti “intercambiabile”.
    E il tanto studio, e mettici la conoscenza delle lingue, specializzazioni; per poi diventare uno dei tanti, cresciuto a pane e sogni da realizzare.
    Ma perché solo chi studia è indotto a sognare di diventare
    qualcuno?
    Pensa a quando si dice ” studia perché sennò ti toccheranno le scale da lavare”, come se lavarle rappresenti una punizione esistenziale per chi lo fa.
    E chi fa la cassiera di un supermercato ha realizzato il suo sogno ” fare la cassiera” per tutta la vita, quasi visto che la pensione non prima dei settant’anni!!
    La fruttivendola, l’operaio, l’impiegato, l’addetto alla catena di montaggio, e ancora altri, sognavano di fare quello che continuano a fare quotidianamente?
    Solo chi studia, può sognare di fare carriera come dirigente, come si dice ” uno importante”.
    Questa generazione con un peso sulla schiena da sostenere, realizzare il proprio sogno studiando, fare sacrifici, tanti e di continuo.
    Credo che al sogno del figlio si somma il sogno del padre operaio, tipo quello della Fiat, mandare il figlio a scuola per concretizzare quel riscatto sociale, mancato e sempre sperato.
    Allora giù di sacrifici e sogni da realizzare, e poi?
    Come dici tu, quella “bolla” che scoppia, il vuoto, il nulla tra le mani; sì generazione castrata.
    La vergogna, la delusione, la depressione…
    Una generazione illusa, e poi delusa.
    Come la penso, oggi ci sono meno possibilità e più ostacoli, una salita sempre più ripida, ci vuole il piede fermo per evitare di ricadere in basso; dicono che è tutta colpa del mercato, della domanda e dell’offerta.
    Forse ti ripeto quello che sento in giro, o vedo con i miei occhi, o provo sulla mia pelle.
    Ma i sogni sono condannati a restare tali?
    Vuoi sapere cosa penso veramente?
    Abbiamo dato troppa importanza allo studio, troppa; scordandoci di tutto il resto, tante nozioni, una testa piena e vuota al contempo, perché incapace di pensare, resa sterile dai tanti libri; è il pensiero libero che ci rende davvero unici come persone e non soggetti o meglio oggetti “intercambiabili”.
    Tutto nasce da un’idea, è il pensiero che lavora, prova a fermarlo, nessuno può farlo, è il tuo pensiero, libero e non ci sta a nessuna forma di costrizione di nessuna forma di potere arrogante.
    Tutto parte da un’idea, quale, quella sentiamo dentro, la nostra idea, la nostra vocazione, quello che iniziamo a percepirla sin da subito, ed è quella che ci fa liberi di sognare, di volare, liberi, liberi.
    Lo studio aiuta, forma, arricchisce; ma se ti dico che io sono nato per il lavoro che faccio, mi rende libero; e in cosa ti senti tu davvero libera, quella è la tua strada, non c’è crisi che ti possa frenare, libertà.
    Pensa.
    Pensa a quanti ce l’hanno fatta e non perché hanno studiato.
    Ciao Valentina.

    • Eccomi di nuovo qui,

      Hai visto? ho trovato il tempo per rispondere a due commenti 😉
      Credo che tu la percepisca così tanto, perché, dopo tutto, è una frustrazione che un poco mi abita dentro, la sento passeggiare nella mia anima, non sempre, solo ogni tanto, ma quando c’è la racconto; per lo meno ci provo, perchè credo che alla fine abiti un po’ in tutti noi, siamo figli di quest’epoca “castrata”.
      Bellissima domanda: “Ma perché solo chi studia è indotto a sognare di diventare qualcuno?”
      Ecco, appunto, perchè?
      Hai perfettamente ragione, condivido ogni virgola del tuo pensiero.
      “Una generazione illusa, e poi delusa”, scrivi davvero bene sai? questa frase avrei voluto pensarla io, riassume tutto!!
      Sì, abbiamo dato troppa importanza allo studio ed io in quanto femmina, sento ancora di più il peso dello studio, da bambina mia nonna mi diceva: studia, perchè solo studiando sarai libera.
      Sai cos’ho fatto io? ho studiato, studiavo, studiavo e credevo davvero che tutto quello studio mi avrebbe resa libera, invece, c’era un’altra verità: studiare non basta.
      Lo studio con una testa vuota è come un bicchiere bucato, per quanta acqua ci si versi dentro, non si riuscirà mai a bere.
      Mi ritrovo ancora a condividere le tue parole “tutto parte da un’idea, è il pensiero che conta”.
      Wow, leggere che tu ti senta libero, mi ha emozionata, perchè io sono ancora alla ricerca di questa sensazione di libertà, non fa ancora parte di me, quindi il tuo sentirti “libero”, mi affascina.
      Dopo tutte queste parole come posso congedarti?
      Con una promessa: inizierò a farlo, ci penserò!
      Grazie, ancora grazie e ancora grazie, non smetterò mai di ringraziarti.
      A presto mio caro Michele.
      La giostraia.

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