World Wide Web – www

Sono un sogno vuoto, straripante contraddizioni.

Sento il vuoto dentro, sento di avere talmente tanto vuoto attorno, che, dentro, non c’è più posto, so che non potrò accoglierlo tutto.

Vedo il vuoto, mi nutro di esso, ma non finisce mai, come ho sentito dire in giro, una mattina mi sveglierò e prenderò coscienza che “la misura è colma”.

Tredici anni, ho solo tredici anni e già mi sento perso.

La realtà contro la quale mi scontro ogni giorno è diventata sempre più grande, talmente grande che, a guardarla tutta, non basta un giorno.

Ho poche certezze, ma so già di essere vuoto.

I miei post su facebook non piacciono.

Non sono influente sui social.

Il mio profilo twitter riceve poche interazioni.

Instagram l’ho fatto, ma non sono bravo con le foto, non ho la fantasia dei miei compagni.

Sono triste, mi mostro felice, spensierato, chi sorride raccoglie like.

Quando poso il telefono sul comodino, sono vuoto.

Non so cosa costruirò per me, sento già pressioni ora, vorrei essere popolare, vorrei essere “il simpatico”, invece sono sempre la spalla, sono sempre “l’amico di…”, insomma, uno di cui non si conosce il nome e si identifica solo perché è stato visto assieme a qualcuno più importante di lui.

Siamo repliche.

Replichiamo ciò che abbiamo visto fare a quelli più grandi di noi, quando ero in prima media ho voluto la libertà di poter gestire i miei profili online, così l’ho subito capito, io valgo, sono importante, se lo è la mia immagine.

Siamo tutti obbligati a mostrarci, esci dai social e nella vita vera sarai “quello strano”.

Su youtube guardo spezzoni di puntate televisive in cui si affronta il problema del “disagio generazionale, giovanile”.

Ho paura, perché il disagio non è come una volta, non è legato alla mia adolescenza, non potrò tornare a scuola “alto, abbronzato e bello”, cresciuto, diverso, come accadeva una volta dopo le vacanze estive, sono sempre in vetrina, online, nessuno mi può perdere di vista e tutti non potranno dimenticare che sono sempre io, “lo sfigato”.

Il disagio non è della mia età, dell’adolescenza, il disagio lo sento, me lo porto, dentro.

É un disagio vuoto, come oggi è vuoto il mio stato di facebook, ma nessuno lo noterà, non c’è tempo per osservarsi negli occhi, dentro, interagiamo tutti attraverso uno schermo.

Sento il vuoto, me lo devo portare ovunque, il vuoto che sento fuori per oggi lo riempirò con uno smile, per domani sceglierò un’emoticons, tutto in mostra nel mio stato di facebook.

Chissà, magari questo vuoto non è reale, è finto, virtuale, domani mi sveglierò e sarò diverso, mi vedranno diverso.

Perché quello che conta non è più come ci si vede, come si vorrebbe essere, conta solo come ti vedono gli altri e una volta classificato sarai sempre ricondotto lì, io, ad esempio, sarò sempre lo sfigato, il disadattato.

Non esistono più nuove possibilità, ad ogni nuovo incontro si sa cosa accadrà, si verrà cercati su facebook, twitter, instagram, non ci saranno segreti, siamo schedati, tutti, come ripetono gli esperti: “tutto quello che entra nel world wide web, online, rimane”.

Questa è la nuova generazione che si sta affacciando al mondo, stiamo vivendo una rivoluzione culturale che segnerà i libri di storia, è una rivoluzione rapida, chi non riuscirà a “tenere il passo”, l’ha capito, è spacciato.

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Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.

Francesco Gabbani – Occidentali’s Karma: