Lei voleva vivere in un’idea, non le importava cosa sarebbe successo domani, voleva solo che fosse viva sempre, voleva che la sua idea prendesse forma, uscisse dalla sua testa, si facesse verbo e prendesse dimora nelle menti altrui, così da poter continuare a contagiarne altre, infiniti contagi, infiniti uomini, infinite possibilità di cambiare il mondo.
Lei non voleva cambiare il mondo oggi, voleva solo che la sua idea si facesse piume, ali e becco, che volasse sull’indifferenza, che scivolasse sulla lava del dissenso, che respirasse nel fumo del fuoco dell’oppressione, che si facesse chimera pronta a rinascere sempre, rinascere sempre.
Lei non voleva essere eterna, lei voleva essere l’idea che migliora la vita, voleva che qualcuno urlasse nella notte un grazie, rivolto a lei, lei sola, colei che dell’idea fece la ragione della propria esistenza, ma di cui si è dimenticato il nome.
Esprimere un’idea può non essere facile, ma nemmeno così complicato, il difficile è abbracciare le conseguenze, abbracciarne e portarne nel cuore il peso.
Un’idea pesa, un’idea si tocca, si trasporta, si paga, ciò che l’uomo pagherà sempre più a caro prezzo è la difesa di un’idea.
Un’idea ti sovrasta, una buona idea offuscherà la tua figura, la tua stessa identità, perché una volta liberata diverrà più forte, più importante e non avrà più bisogno del suo creatore.
Lei, piccola donna dalle braccia deboli, ha deciso di immolarsi per l’idea che ha illuminato il suo sorriso.
Schivi sguardi l’accarezzano da lontano, non capiscono, non vogliono porsi domande, non vogliono doversi dare risposte; perché lo fa?
Perché vive seguendo la sua idea, perché non abbassa il capo per annegare nella vergogna?
Dov’è la sua vergogna per aver pensato una cosa così diversa? Ecco, dov’è?
Non c’è.
Quindi se non c’è, povera diavola, avrà perso il senno, per questo non china il capo, non si pente, non si vergogna, ha perso il senno!
Ciò che di diverso si affaccia in fasce al mondo è disprezzato, ciò che per la prima volta cerca di allargare le proprie ali e volare controvento, è deriso.
È naturale, l’uomo per vivere cerca un equilibrio, sia anche svantaggevole, l’importante è avere un ruolo da ricoprire, sapere quali binari percorrere, senza domandarsi se non se ne possano costruire altri, meglio correre lungo i solchi tracciati dal passato, meglio non guardarsi attorno, alzare la voce, ma poi chinare il capo.
Lei non lo china, pagherà l’ostentazione della sua idea, pagherà tutto.
Guarda gli altri con un sorriso, guarda il disprezzo e il disappunto dipinti sui volti dei suoi aguzzini, alza un sopracciglio, lei lo sa, ormai vive in un’idea.
Lei non ha più un nome, la sua persona non esiste più, ma ogni notte un uomo la invoca, la ringrazia, la chiama a difesa della sua vita.
Lei ha sorriso e il suo sorriso vibra ancora quando qualcuno alza la testa e urla la sua idea.
Lei è la sua idea.
Lei, è la libertà.
Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.
Giorgio Gaber – La libertà: