Paura liquida

Il giostraio prende la parola:

Il giro di giostra di oggi, scritto qualche tempo fa, è diventato, col passare dei giorni, sempre più attuale, così ho dovuto “farmi coraggio” e pubblicarlo, perché ho atteso a farlo?

Perché è crudo, violento, mette in mostra un lato umano che molti preferiscono non vedere, non guardare in faccia, ho temuto che fosse troppo, ma la realtà, i fatti che continuano a scuotere le coscienze, mi hanno fatto capire che non ci si deve proteggere dal male negandolo, evitando di parlarne, così ho deciso, sarà il giro di questo venerdì.

Consiglio la lettura solo a chi se la senta, a chi abbia il “coraggio” di guardare anche questa caratteristica umana dritta negli occhi, perché, se questo giro raggiungerà l’effetto per il quale è stato scritto, alla fine, chi avrà letto la sentirà addosso, sentirà e capirà cosa sia la paura liquida.

Buon giro di giostra, con la speranza che conoscere la paura liquida, raccontarla, possa essere d’aiuto a qualcuno, un giorno, possa dare coraggio.

Per chi invece non leggerà, rimando l’appuntamento al prossimo venerdì, con un giro di giostra decisamente più leggero.

Come sempre vi ringrazio.

A presto, il giostraio.

***

Se la sente addosso.

Ce l’ha addosso.

Non vorrebbe sentirla così, vorrebbe solo strapparsela via, invece l’ha appiccicata addosso.

La sente, il tessuto, freddo, la rende più presente, più forte, più reale, più dolorosa.

Vorrebbe solo essere altrove.

La sua mente ci prova, lo prende e lo sbatte via, con forza, prova a fargli credere di non essere lì, di essere lontano, ma non è semplice.

Il suo corpo è ancora lì, ancora lì con tutto addosso, anche lei, sempre più forte, sempre reale.

Fredda.

La sente fredda.

Calde.

Sono le dita, premono, gli stringono il collo.

Calde.

Sono le lacrime, dal volto colano giù, cadono sulle dita, le loro dita, quelle dita rosse, ora bagnate, che stringono forte.

Respira, con fatica, ma respira.

La guancia pizzica, proprio lì, pizzica ed è più calda, proprio lì, dove ha incontrato lo schiaffo.

Non si muove, respira, la sua mente si spegne.

Ci ha provato prima, a scappare, a divincolarsi, ad urlare, urlava: aiuto.

Non era riuscito a dire altro, prima che arrivassero, le mani sul collo, le mani in bocca, le mani addosso, a soffocare tutto, a soffocargli l’anima.

Si spegne, paralizzato, la sente fredda, colare dalle cosce alle caviglie, la paura.

Prima era calda, bollente, ma è diventata subito fredda, rimanendo lì, sui vestiti, sulle cosce, assorbita l’ultima goccia dal tessuto dei calzini.

L’ha addosso, bagnata, fredda, la paura, liquida paura.

Paralizzato, non ha comandato più il corpo, ha sentito una scossa prodotta da dentro, dalla sua pancia ed è accaduto, troppa paura, troppo terrore.

Se l’è fatta addosso, la sua paura liquida è la pipì, scesa con ferocia fino ai calzini.

L’ha addosso e già la sente, l’umiliazione, accanto alla paura, è stato umiliato.

Le mani lo scuotono, lo sbattono a terra.

Eccoli, i calci, sulla pancia, sui fianchi, sui denti.

Sente dolore, ma pensa solo al freddo, alla sua paura liquida, all’umiliazione, al terrore che tutto non finirà, non avrà fine, si sente morire, vorrebbe morire.

Le mani addosso, ovunque, lo girano, lo bloccano, brucia, è più forte ora, il dolore.

Arriva il buio.

Lentamente riaffiora, li sente, i singhiozzi, sta singhiozzando e neppure se ne era reso conto, le sente, le risa, le loro risa.

Sono ragazzi come lui, alcuni di un anno più piccoli, ma lui non è come loro, lui è diverso, per questo è a terra, bagnato.

Le mani l’hanno lasciato, i calci sono finiti.

Rimane a terra.

Apre gli occhi, le vede, le loro schiene, lo stanno lasciando così, bagnato, terrorizzato.

Se la sente addosso, sempre più fredda, sempre più forte, l’umiliazione della paura.

“Me la sono fatta addosso, perché!”

Si incolpa tra le lacrime, si incolpa per non essere stato coraggioso, per non essere stato uomo, per aver avuto paura, la colpa la sente solo sua.

Si allaccia i pantaloni, bagnati, strappati, come la pelle, il sangue mischiato alla sua paura liquida sul tessuto.

Nessuno saprà, nessuno dovrà sapere la sua colpa.

Nessuno dovrà sapere che non è stato abbastanza uomo, se l’é fatta addosso.

Piange così forte che sente il cuore strapparsi nel petto.

“Baby gang”.

“Bulli”.

Così li chiamerebbero i giornali.

“Un ragazzo picchiato e abusato dai bulli”.

Questo intitolerebbe, freddo, il giornale.

Ma lui oggi non parlerà, lui si chiuderà in camera e pagherà col pianto la sua vergogna.

Di tutto quello che ha subito, delle botte, dei graffi, lo angoscia di più ciò che si è fatto da solo.

È stata la sua paura liquida che l’ha umiliato, per questo oggi non parlerà, per questo quei ragazzi l’avranno avuta vinta, l’umiliazione ferisce e zittisce.

L’umiliazione ferisce e zittisce.

Loro lo sanno, l’umiliazione alimenta la loro forza.

Per salvare, per salvarci dal male, dobbiamo insegnare a non vergognarsi della paura, la paura non è una debolezza, non è una colpa, mai.

La paura è naturale, ripetiamolo ai nostri amici, ai parenti, ai vicini, ai figli, la paura è una naturale reazione, non deve essere soffocata, la paura aiuta a ritrovare il coraggio, il coraggio di lottare e di denunciare.

Possiamo cambiare le cose?

Certo.

Come?

Con l’informazione, con l’educazione.

Educhiamoci ad accettare la paura, a vincere la nostra vergogna, a denunciare.

Educhiamoci a ricordarlo:

«La paura non è una colpa, mai».

uomo ombre

Il giostraio, pur non essendo un grande intenditore di musica, né conoscitore della storia personale di ogni singolo artista, vi propone un brano da ascoltare dopo la lettura.
N.B. la canzone, come sempre, è stata cercata e scelta dopo aver scritto il giro di giostra e non viceversa.

Marco Mengoni – Guerriero: